La procedura di esecuzione forzata sui conti correnti: il confronto tra Italia ed Europa

La procedura di esecuzione forzata sui conti correnti, che consente all’Amministrazione finanziaria di soddisfare immediatamente il proprio credito tributario limitando la disponibilità patrimoniale del debitore, è uno strumento diffuso anche negli altri Paesi europei. Spagna, Francia e Regno Unito, infatti, adottano analoghe modalità di recupero coattivo nei confronti dei soggetti inadempienti, in attuazione del principio di efficienza e celerità del’’azione amministrativa. La necessità di rendere più efficace il recupero dei crediti tributari emerge anche dai dati statistici: le azioni esecutive presso terzi costituiscono il 47% dei carichi complessivi (256,1 miliardi) per i quali non si è raggiunto l’esito positivo. Un documento sulla manovra, redatto dalla Fabi, principale sindacato dei bancari, ha raccolto le informazioni sulle normative fiscali in alcuni Paesi europei. Di seguito si riportano le principali differenze.

La severità della Spagna

L’Hacienda, l’ente spagnolo preposto alla riscossione dei tributi, non concede sconti ai contribuenti morosi. L’ufficiale di riscossione può accedere direttamente ai conti correnti dei debitori e, a differenza dell’Italia dove gli strumenti di pignoramento di beni mobili e immobili sono sempre meno utilizzati, può prelevare le somme dovute e bloccare i conti fino all’estinzione del debito. Inoltre, può pignorare proprietà, autoveicoli e altri beni di chi non paga le tasse.

L’avviso a terzi in Francia

L’Agence de recouvrement française può accedere ai conti correnti bancari, grazie a una procedura denominata ATD, l’Avis à Tiers Détenteur. Non è prevista alcuna procedura di ordine di esecuzione forzata e, una volta che l’istituto di credito riceve l’avviso dell’ente francese, lo stesso è obbligato a dichiarare il saldo dei conti correnti e a trasferire i fondi all’Erario.

La situazione nel Regno Unito

L’Her Majesty’s Revenue and Customs (Hmrc), l’agenzia di riscossione britannica, ha anch’essa ampie facoltà di recupero dei propri crediti tributari nei confronti dei contribuenti inglesi. Gli uffici possono riscuotere alcuni debiti fiscali accedendo direttamente ai conti correnti bancari dei cittadini. Come intendeva fare l’Italia in una delle ultime bozze della legge di bilancio circolate giovedì scorso, il Fisco britannico incaricato di rincorrere i debitori deve fermarsi davanti a importi minimi. Il debito fiscale escluso dall’accesso diretto sui conti correnti se l’importo è inferiore o pari a 1000 sterline.

Il cambio di rotta in Italia

La procedura di esecuzione forzata sui conti correnti, che non costituisce un prestito forzoso ma un recupero nei confronti di chi non paga le tasse e i contributi, travolta dalle polemiche politiche ora non è più esplicitata nell’ultima versione del Decreto di bilancio e su cui il governo ha corretto il tiro limitandosi a prevedere «la possibilità di utilizzo di strumenti informatici per efficientare strumenti già esistenti utilizzati per il recupero di importi relativi a cartelle esattoriali per le quali il contribuente non ha presentato ricorso e non ha ottenuto una sospensione giudiziale».

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